SAN SEVERINO LUCANO [.com]

Ricordando Giovanni XXIII e J.F. Kennedy nel 50° della loro morte

Giovanni XXIII, John Fitzgerald Kennedy: due fari luminosi accesi per rendere l’umanità migliore, per avviare decisamente i popoli verso la pace, per segnare un’impronta indelebile sulla via del progresso. La loro scomparsa rattristò profondamente gli uomini, che si sono ritrovati più poveri e più soli. Ma l’incidenza della loro opera non è tramontata, non si è spenta, perchè le costruzioni fondate sull’amore e sulla libertà sono imperiture.
Papa Giovanni ha posto l’accento sull’ecumenicità del messaggio cristiano, avviando l’opera imponente di fraternizzazione universale che è il Concilio Vaticano II. Con la sua squisita carità ha avvicinato le varie classi sociali, i più svariati popoli, gli uomini dalle fedi più contrastanti con tocchi delicati e sapienti, riportando l’annunzio evangelico alle sue scaturigini più genuine, sfidando i più retrivi conformismi con la sua bontà intelligente e matura, rendendo accettabile il dolore con la sublime offerta della sua vita, compiuta in umiltà e semplicità.
<<Attraverso Lui, la divina luce che unisce gli uomini ha dimostrato di essere più forte e più durevole delle forze che dividono l’umanità. La sua saggezza, la sua carità, e la sua dolce fermezza hanno lasciato un nuovo retaggio di propositi e di coraggio per il futuro>> (Kennedy).
<<La morte di  Sua Santità Giovanni XXIII provoca profondo cordoglio tra gli uomini di ogni parte del mondo che videro in lui un simbolo di universalità, di pace ed armonia. Egli ha parlato per tutti gli uomini e a tutti gli uomini>> (U Thant, Segretario dell’ONU).
Il Presidente Kennedy, stroncato nel fiore degli anni con un gesto umanamente inutile e orrido, ha portato nel mondo una nota di ottimismo realistico. Ai suoi connazionali sfiduciati ha fornito l’esempio di una laboriosità serena e sorridente, dove la gioia dell’aiuto solidale dato agli uomini meno liberi e vittime di pregiudizi atavici assume il senso di vivido dovere civico e sociale. La sua tenace ricerca di un equilibrio politico mondiale costituisce una lezione di civiltà che i posteri non dimenticheranno.
Affermava Kennedy: se l’uomo non pone fine alla guerra, sarà la guerra che metterà fine all’uomo. E della complessa questione sociale – la pesante eredità del XX secolo – la soluzione fu additata dal grande Pontefice Giovanni XXIII nella verità, nella giustizia, nella libertà e nella carità.
La magistrale Enciclica <<Pacem in terris>> ha avuto il consenso e l’ammirazione del mondo intero.
L’esortazione alla concordia che viene dall’insegnamento di Papa Roncalli ha un sublime valore universale, in grado di essere inteso e accolto in ogni angolo della terra.
Mai come oggi c’è dunque bisogno di affermare i valori del dialogo e della dignità della persona come antidoto all’intolleranza e come condizione necessaria per disattivare le tensioni che attraversano la società contemporanea.
Molto c’è purtroppo da fare per giungere alla fraterna convivenza tra uomini e culture in tutte le aree della Terra. Cadute le ideologie e le barriere politiche della guerra fredda, le odierne spinte all’intolleranza e alla violenza tendono ad assumere sempre più spesso le forme del pregiudizio etnico-culturale, del fanatismo nazionalista, dell’estremismo integralista.
Vedo poi in Papa Francesco più una vicinanza con Giovanni XXIII, cui somiglia anche per la ricerca della semplicità. Papa Giovanni era un cosiddetto “Papa di transizione”, invece, poi, inaugurando il Concilio Vaticano II ha cambiato un po’ tutta la Chiesa, tutto il mondo con un più retto ordinamento delle istituzioni e della convivenza internazionale nella verità, nella giustizia, nell’amore e nella libertà.
Ogni giorno, attraverso i giornali, la televisione, la radio, il male viene raccontato, ripetuto, amplificato, abituandoci alle cose più orribili, facendoci diventare insensibili e, in qualche maniera, intossicandoci, perchè il negativo non viene pienamente smaltito e giorno per giorno si accumula. A sentire i mass-media, sarebbe da credere che la nostra società stia vivendo una regressione in termini di de-civilizzazione, di imbarbarimento dei costumi e dei rapporti relazionali, da destare non poche preoccupazioni per una pacifica convivenza futura.
Oggi ci vantiamo del grande progresso scientifico e tecnologico, ma abbassiamo la voce quando c’è da parlare d’amore, paurosi di essere incompresi o derisi. Viviamo nell’anonimato; camminiamo gomito a gomito, usiamo le stesse scale, lo stesso ascensore e lo stesso pianerottolo, e non ci conosciamo. Negli uffici c’è l’arrivismo e la corruzione, nelle fabbriche si parla di lotte, nelle famiglie si convive. Eppure la Chiesa porta amore, fa sentire la sua voce contro il sovraffollamento delle carceri, contro gli sprechi, il femminicidio, il facile consumismo e tanti altri mali sociali.
Emergono così l’alta statura di Giovanni XXIII e di Kennedy e la perenne validità del loro insegnamento. Ambedue illustri fautori di pace e pionieri sociali.
Richiamandoci a loro noi affermiamo il valore della persona umana, della sua libertà e dignità, l’impegno da questi profuso per il progresso dei popoli nella libertà, nella solidarietà, nella giustizia e nella pace; affermiamo soprattutto gli inalienabili diritti degli stessi popoli per il conseguimento del pieno loro sviluppo sociale, economico, culturale e spirituale.
L’eredità spirituale e politica, tramandata da queste grandi figure storiche, va pertanto non solo custodita e difesa, ma sviluppata e rafforzata.

Don Camillo Perrone, Parroco emerito di San Severino Lucano