SAN SEVERINO LUCANO [.com]

I poveri non possono aspettare la ripresa

Molti analisti garantiscono che la recessione è finita. Ma industria e terziario allungano, senza sosta, l’elenco delle aziende agonizzanti. Nei primi nove mesi del 2013, al ministero per lo Sviluppo economico sono stati aperti oltre 200 “tavoli di crisi”. A settembre, dice l’Istat, il numero dei disoccupati è cresciuto di 390 mila unità rispetto al 2012 e sfiora quota 3,2 milioni.  Il tasso percentuale sale al 12,5 per cento, un nuovo record. Tra i giovani va anche peggio. Il 40,4 per cento degli italiani tra i 14 e 24 anni d’età non ha un’occupazione.
Gli esperti dicono che il nuovo corso economico ha bisogno di almeno sei mesi per generare i primi benefici effetti sul mercato del lavoro. La crescente povertà, però, non può aspettare la ripresa.
Non c’è un serio programma contro la povertà che dilaga a macchia d’olio nel Paese, o per tagliare sprechi, privilegi e assurdi benefici, liberando energie e risorse da destinare a progetti di crescita ed eliminare ingiuste disparità sociali ed economiche nel Paese. Nel Paese reale la gente fa, letteralmente, la fame. Non ha più soldi per acquistare il cibo. Per sopravvivere deve arrangiarsi come può, soprattutto se ci sono bambini da crescere.
Ecco i grandi temi di fondo: la compressione dei redditi reali, la crescente disuguaglianza, il progressivo impoverimento. Aziende in crisi, disoccupazione record: ACLI e Caritas chiedono nuove misure di sostegno al reddito delle famiglie in difficoltà.
Il sistema di protezione sociale non riesce a tutelare chi finisce suo malgrado nel tunnel dell’impoverimento. Il nostro Paese non ha una misura nazionale che possa aiutare le famiglie che non hanno reddito. Il nostro welfare è un insieme di norme che protegge solo alcuni settori della popolazione, certe fasce di età e che dà maggiori aiuti in alcune regioni o comuni. La Legge di stabilità non ha misure nuove se non 5 milioni annui che coprono in minima parte i 100 fin qui dati dall’Europa per far arrivare cibo a 4 milioni di italiani indigenti. E non prevede nuove misure di sostegno del reddito delle famiglie povere. Non possiamo rassegnarci a veder crescere il silenzioso e sempre più grande mosaico di tante storie di ordinaria sofferenza.
Il Paese è paralizzato e il colmo è che vengono penalizzati i “virtuosi”, dai Comuni alle Province, costretti a tenere la cinghia tirata e all’immobilismo, pur disponendo dei mezzi accantonati con una saggia amministrazione. E’ un altro meandro dell’assurdo, con l’effetto perverso di un Paese condannato alla staticità e con una spesa pubblica che continua a crescere.
Il nuovo rapporto Censis 2013 delinea una società in crisi, dove paradossalmente aumentano il numero dei super ricchi, mentre il ceto medio è sempre più povero.
E peggio poi l’effetto iniquo e perverso del Patto di Stabilità è che, alla fine dei conti (i quali continuano a sfondare ogni tetto), si ritrovano penalizzati i virtuosi, quelli che hanno fatto la politica della saggia e previdente formica.
In Basilicata l’emergenza creditizia ha messo in ginocchio larga parte delle piccole e medie imprese. Da una parte l’accesso al credito diventa sempre più difficile, mentre dall’altra i vincoli imposti dal Patto di stabilità, non consentono alle pubbliche amministrazioni di saldare i debiti con le aziende. Una situazione drammatica che sta mettendo in ginocchio molte imprese. La stagnazione dei consumi interni e le difficoltà della Pubblica Amministrazione di sbloccare i pagamenti verso le imprese stanno producendo enormi difficoltà; ad aggravare questo stato di cose sono state le recenti alluvioni con un bilancio terrificante dopo le drammatiche giornate dominate dal ciclone Nettuno, con piogge, fango, esondazioni, emergenze che hanno messo in ginocchio tutto il centro sud Italia. Marche, Abruzzo, Lazio, Puglia, Basilicata e Calabria.
Ecco la mappa del maltempo: i fiumi esondati, allagamenti, strade interrotte, deragliamento treno, evacuati e persino vittime. Ingenti i danni all’agricoltura e al bestiame.
Ora la fanno da padrone le frane. La Basilicata è in ginocchio.
E ora il Governo centrale intervenga per le terre ioniche, per gli argini dei fiumi, dei canali, per le frane.
Un grosso guaio la legge di stabilità. <<Obtorto collo>>  occorre esclamare: “Dura lex sed lex” con una valanga di critiche inevitabili.
Riguardo alla legge di stabilità addirittura si precisava, da parte dei legislatori, che era una legge più snella, più efficace, più funzionale della vecchia Finanziaria e che era perfettamente in linea con quanto veniva richiesto all’Italia, affinché fossero rispettati i vincoli connessi dall’appartenenza all’Unione Monetaria Europea (il cosiddetto Patto di Stabilità “esterno”). Inoltre si diceva che essa avrebbe razionalizzato e migliorato la spesa pubblica, omogeneizzato in senso federale il prelievo fiscale, monitorato, in senso migliorativo, gli investimenti degli Enti Locali e così via: in un crescendo di ottimismo.
Viene da pensare che il perverso desiderio di una iper burocratizzazione centralizzata si fonda con una assoluta sfiducia negli Enti Locali: anche in quelli “virtuosi”. Attributo di entrambe è l’incapacità decisionale e lo scarso senso di responsabilità. Piuttosto che lasciare la decisionalità alle Amministrazioni locali controllando poi, severamente, le modalità di utilizzo si preferisce, dunque, lasciare inutilizzati una enorme quantità di fondi, già messi in bilancio, ma non spendibili. Non ci si deve meravigliare, poi, se l’Italia corre – come una nave allo sbando – verso il precipizio. Non c’è che un rimedio: veloce ed efficace. Abrogate subito questa disposizione! E al più presto, i poveri non possono aspettare la ripresa.

Don Camillo Perrone, Parroco emerito di San Severino Lucano