Non è un caso che Mario Monti decise di lanciare recentemente, proprio a Melfi, un avvertimento netto sul rischio di bruciare una dura stagione di riforme nel falò della propaganda elettorale. Dalla città federiciana, ove si trovava con Marchionne ed Elkann, nella SATA, il Premier rivolse un perentorio appello: <<Non sprecate i sacrifici>>. <<Dura lex, sed lex>> recita un assioma latino ben noto. Sì, Professore; però meno tasse e sbocchi occupazionali… E mentre è in corso la campagna elettorale (inverno incandescente!) il Vaticano chiede fermamente attenzione al welfare.
In una dimensione antropologica i partiti, se credono in un riformismo pieno e rispettoso delle persone, devono comprendere nei loro programmi e nelle loro agende, alcuni principi di fondo quali il diritto al lavoro, la tutela dello Stato sociale e democratico contrastando la sua erosione, i tentativi di abbatterlo e la crescita delle diseguaglianze. In altre parole, le <<politiche dello sviluppo>> non vanno contrapposte alle <<politiche sociali>>.
E mentre Giorgio Napolitano nel suo alto discorso di fine anno mette l’accento sulla questione sociale, anche Papa Benedetto XVI – con opportuni ammonimenti – auspica che uno spirito di tenacia e di impegno condiviso animi la cara nazione italiana in questo momento particolare della sua storia.
Cari politici di ogni schieramento, nonché abitanti della stessa regione: occhi ben puntati sulla povera nostra Basilicata, bisognosa di sicurezza economica ed ambientale, di servizi socio-assistenziali e sanitari più efficienti, di sostegno concreto al settore agricolo-forestale-zootecnico, di turismo, in una dimensione europea.
I partiti <<debbono avere come punto di riferimento i diritti e doveri dell’uomo considerati come unità indivisibile>>, e <<non possono essere privi dell’orizzonte del bene umano integrale>>. L’economia non è soltanto cifre, è ben altro: coinvolge la giustizia sociale e il bene comune; e non può sottrarsi al fondamentale rispetto per la persona. La persona infatti è centrale perchè portatrice di quei diritti – da rispettare in qualunque situazione – dai quali non può prescindere un vero sviluppo, legato cioè a tutto l’uomo e a tutti gli uomini. Lo sviluppo, quindi, non può essere lasciato a un mercato ossessionato dal prodotto interno lordo. “Il PIL misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”, diceva Robert Kennedy.
L’economia deve andare oltre logiche individualistiche e conflittuali che ne oscurano la verità antropologica. L’attività economica in quanto attività umana non può limitarsi al profitto: deve in ogni caso essere capace di promuovere l’uomo e – di conseguenza – va strutturata e istituzionalizzata eticamente per poter funzionare in modo corretto. Senza la norma morale non si raggiunge lo sviluppo integrale, quello di tutta la persona e dell’umanità intera. Il mercato crea efficienza ma non equità. Il deficit etico pesa e l’efficienza non basta per superare le storture della modernità.
La giustizia sociale è un riferimento imprescindibile per una nuova economia. Al centro della valutazione morale deve esserci la dignità di ogni uomo, altrimenti si cade in balia di interessi privati e di logiche di potere.
La crisi economica e finanziaria si è sviluppata perchè troppo spesso è stato assolutizzato il profitto, a scapito del lavoro, e ci si è avventurati senza freni sulle strade dell’economia finanziaria, piuttosto che di quella reale. Occorre dunque recuperare il senso del lavoro e di un profitto ad esso proporzionato. Tener presente che c’è il triangolo della morte dell’economia: tasse alle stelle, banche con troppe sofferenze e quindi restie a dare finanziamenti alle imprese e alle famiglie, costo del debito dello Stato insopportabile. L’economia italiana è chiusa in questo triangolo, che quindi, se si vuole puntare allo sviluppo, va rotto.
Dovrebbe essere pertanto questo il tema di una campagna elettorale seria, specialmente se condotta da personalità con particolare competenza in materia economica e finanziaria. Inoltre cosa non meno grave è la distribuzione della ricchezza caratterizzata <<da un elevato grado di concentrazione>>. Lo afferma la Banca d’Italia, nel supplemento al Bollettino statistico, spiegando che la metà più povera delle famiglie italiane detiene il 9,4 per cento della ricchezza totale, mentre il dieci per cento più ricco ha il 45,9 per cento.
Tutti parlano di riforme in un’Italia che cerca i cambiamenti. Un rinnovamento che deve attuarsi prima nell’individuo, essendo l’individuo e lo Stato elementi indissociabili. Nella prospettiva di un rilancio della promozione dell’uomo e delle ragioni del bene comune, risulta la necessità di una nuova coscienza morale nell’impegno sociale e politico.
Don Camillo Perrone, Parroco emerito di San Severino Lucano