Autunno caldo, si diceva una volta. L’autunno non sarà facile. Questa crisi è molto pesante e mette a rischio il futuro industriale del Paese. E l’assenza di industria mette a rischio il lavoro. La produzione industriale è calata in un anno dell’8,2%, provata dalla recessione che erode mese dopo mese la capacità produttiva dell’Italia.
Purtroppo 2,7 milioni sono le persone che secondo l’Istat erano senza lavoro a luglio scorso e la disoccupazione al 10,7%; il tasso registrato dall’Istat a luglio è il più alto dal 2004. I salari crescono molto meno dell’inflazione, al punto che la distanza tra i primi e la seconda è tornata ai livelli massimi raggiunti diciassette anni fa. Cos’è l’inflazione? Essa viene calcolata su un <<pacchetto>> di prodotti e indica, in sostanza, quell’aumento dei prezzi di beni e servizi che porta come conseguenza la diminuzione del potere di acquisto. In Italia, mediamente, è arrivata al 3,3 per cento, ma se prendiamo in considerazione solo i prodotti più acquistati (cibo, benzina, elettricità, combustibili e trasporti, ossia il cosiddetto <<carrello della spesa>>) si arriva al 4,6. Il che, secondo i calcoli delle associazioni dei consumatori, comporterà quest’anno, in media, per ogni famiglia, un maggior costo di 1.334 euro, di cui 221 per gli alimentari. Basta guardare, del resto, alla vita quotidiana: le bollette di luce e gas rincarano di quasi il 10 per cento nell’arco di due mesi, mentre la benzina sfonda il tetto dei 2 euro e oltre al litro. In questo contesto, c’è una fascia crescente di italiani che versa in un allarmante disagio sociale, destinato ad aggravarsi con le crisi aziendali annunciate o in vista. E’ fondamentale che la politica ne tenga conto, accompagnando l’irrinunciabile opera di risanamento dei conti pubblici con la logica di equità, e prevedendo misure concrete di sostegno per chi sta peggio.
Partiti e sindacati tendono ancora a tutelare chi in qualche modo è già garantito, sia pure al minimo. Ci sono, però, settori non certo marginali, in particolare tra i giovani, che di tutele non ne hanno proprio, e che vivono in una condizione di permanente e avvilente precarietà.
Se il loro malessere non trova una risposta politica, non per questo sparirà; anzi, coverà sotto la cenere, rischiando di sfociare in pericolose derive. Ne va della stessa democrazia.
La vera politica è quella che, con decisione, parte dai più deboli per assicurare il nutrimento della giustizia a tutti. Affinchè ciò possa realizzarsi è necessario camminare compatti verso il bene comune. Infatti, la difesa di interessi di parte crea, per sua natura, una forma di dissidio cronico in tutte le amministrazioni, causando ritardi non facilmente misurabili al progresso autentico della comunità. Questo fenomeno disorienta i cittadini, crea il distacco dei giovani dalla politica e non può chiamarsi democrazia. La vera democrazia, invece, si costruisce sul rispetto verso la diversità delle opinioni, ma ha come fondamento l’essere concordi sullo scopo da raggiungere: realizzare il bene comune privilegiando i più svantaggiati.
Don Camillo Perrone, Parroco emerito di San Severino Lucano