L’attuale situazione economica si innesta nelle povertà – materiali, culturali, etiche – che tradizionalmente affliggono la nostra società. Tutto questo crea un clima esplosivo e, nello stesso tempo, deprimente, che richiede interventi politici (come le riforme istituzionali) sociali (come l’educazione alla giustizia ed alla solidarietà) e morali. Un compito non più eludibile se si vuole risanare, nel profondo, l’Italia.
In un momento di grande difficoltà economica, il pensiero corre sempre alla condizione delle fasce sociali più deboli. In effetti, la situazione italiana sta assumendo contorni “sudamericani”: gente sempre più ricca da una parte, che non sente minimamente i “morsi” della crisi e persone sempre più affogate dalla povertà: disoccupazione, uomini separati che hanno la peggio da un punto di vista socio-legale, giovani, anche titolati, che non trovano collocazione professionale adeguata o restano nel limbo della precarietà, famiglie indebitate e, persone che, una volta acquistata una casa, non sono riuscite a pagarla, strozzate dai mutui bancari e da un diffuso indebitamento. Fino alla pagina più tragica: quella che stiamo tristemente conoscendo in questo periodo, con l’epilogo amaro del suicidio, atto estremo che certifica la disperazione irreversibile, il punto di non ritorno definitivo.
In casa lucana: non basta il petrolio, non basta l’acqua, che presto varrà più del petrolio, e che negli ultimi anni è stata anche venduta alle regioni vicine. E non basta neanche la discreta capacità di spendere i pur cospicui fondi europei, la Basilicata annaspa con un tasso di disoccupazione del 12,5%, che la relega all’ultimo posto anche tra le regioni meridionali.
La crisi mette a rischio la spina dorsale dell’economia lucana, composta da piccole e piccolissime imprese. Dalla regione Basilicata intanto è stata varata la semplificazione delle procedure amministrative, i bandi per il fondo di garanzia, il micro-credito e la banda larga e sono in dirittura d’arrivo gli stessi provvedimenti sul credito d’imposta per l’occupazione e gli investimenti. Serve una terapia d’urto, ad esempio circa le risorse necessarie per la promozione delle imprese che vivono momenti difficili: l’emergenza creditizia ha messo in ginocchio larga delle piccole e medie imprese. Una situazione drammatica che purtroppo ha messo in ginocchio molte imprese. E speriamo che da parte di tutti si abbia a reagire per favorire sbocchi occupazionali.
Altra questione sono gli smantellamenti, soppressioni in riferimento a tribunali, province, scuole, poste ed enti vari, tagli ai Comuni che pure hanno portato soldi alle casse dello Stato per un totale di oltre 3 miliardi di euro.
Le misure del governo Monti sono impopolari, ma bisogna riconoscere che sono necessarie evitando però un certo livellamento. Mi spiego, non si può non tener conto della struttura geomorfologica della Basilicata in cui esistono difficoltà di collegamento tra i diversi paesi, in un territorio particolarmente disarticolato e disgregato, in aree di montagna, e con servizi pubblici assolutamente insufficienti, l’asfitticità dei bilanci dei nostri comuni.
Non ci pronunciamo sulla “spending review” che è molto criticata.
Condanniamo quel sistema sociale ad alta soggettività dove ognuno vede le cose da un angolo visuale tutto suo; dove diventa sempre più difficile creare coscienza collettiva, dove ancora persiste un processo di riflusso dal momento della tensione in avanti tipica dei movimenti collettivi alla quotidianetà della vita del singolo e delle istituzioni, dove ci si può solo ritagliare il proprio ruolo in un sistema implicitamente immutabile nel suo insieme, dove questo riflusso alla quotidianetà avviene con un attegiamento di antico fatalismo (verso le cose che non cambiano mai) ed insieme di profonda desertificazione e frustrazione.
La manovra Salva Italia era necessaria, questo è politicamente acquisito, ma lascia inevase molte questioni, che necessariamente dovranno essere affrontate.
Allo stato attuale occorre rendersi conto su ciò che il governo Monti intende eseguire: contestare se è il caso, chiedere rettifiche o annullamenti. Certi criteri – standard – vanno valutati.
E’ da rispolverare il vecchio detto: “videant consules”… tutti dal governatore De Filippo, dai politici, dai sindaci sino all’ultimo cittadino vigilare, verificare, tenendo sempre lo sguardo sulle nostre grandi emergenze: il lavoro, i giovani, la sanità, i servizi, welfare, la sicurezza sociale… tutte priorità che rappresentano il collante sociale di un paese che ha la coesione e la solidarietà nel proprio DNA.
Per uscire il prima possibile dal non-luogo della crisi generata da un indebitamento a spirale è necessaria una massiccia iniezione di equità, di giustizia diffusa.
E’ la sussidiarietà una delle vie maestre, fatta di associazionismo produttivo di base, di cooperazione, di credito alle idee e alla forza di volontà. E’ una strada che gli italiani conoscono bene, e che hanno praticato per decenni con grande profitto.
Don Camillo Perrone, Parroco emerito di San Severino Lucano