Nell’ambito della seconda edizione del Festival dell’Escursionismo a San Severino Lucano, organizzato dalla Pro Loco di San Severino Lucano, dall’Associazione Gruppo Lupi di San Severino Lucano e dalle guide escursionistiche del territorio, si è avuto il piacere di ospitare Alessandro Gogna, alpinista di fama internazionale, guida alpina e ambientalista tra i fondatori di Mountain Wilderness, che ha animato la serata del 30 luglio con la conferenza: “Montagne: usate o vissute?”. E’ chiaro già dal titolo che anche questa seconda edizione del Festival ha voluto mettere in risalto la questione della tutela ambientale della montagna in rapporto ad un escursionismo e alpinismo “etici”. La conferenza di Gogna, un “racconto attraverso parole e immagini”, ha evidenziato l’aspetto che non vorremmo mai vedere della montagna. Le foto proiettate mostravano una wilderness d’alta quota deturpata da cave, strade, impianti di risalita, rifugi futuristici che scaricavano liquami e rifiuti nei canaloni, corde fisse e scalette, tonnellate di immondizia nei campi base dell’Himalaya e altre amenità che trasmettevano una profonda amarezza. Le immagini però mostravano anche le iniziative di Alessandro Gogna e altri alpinisti volte al ripristino ambientale dei luoghi, come l’operazione “Free K2”, la prima spedizione ecologica internazionale finalizzata a ripulire il K2 da centinaia di tonnellate di rifiuti (accumulatisi nel corso di quasi un secolo di alpinismo “classico”).
Gogna ha voluto sottolineare che la montagna “non è un Luna Park”; addomesticarla e banalizzarla con la scusa magari di renderla “più sicura”, ha delle ricadute anche sulla qualità della sua fruizione. Solo se lasciata selvaggia e priva di opere antropiche moderne potremmo cioè provare ancora quelle emozioni forti e il senso dell’avventura che ancora oggi l’alpinismo e l’escursionismo riescono a regalarci, se praticati in un certo modo. Accanto all’inquinamento “materiale” dei rifiuti, è da considerare anche l’immoralità di opere che rappresentano un’alterazione sia dell’aspetto originario dei luoghi, sia del vero senso dell’alpinismo, come ad esempio le innumerevoli corde fisse e le scalette che Gogna ha mostrato in una delle sue foto scattate nell’Himalaya. Dopo la sua relazione ci sono stati altri interventi che hanno sottolineato come anche sentieri attrezzati e messi in sicurezza con lunghe fila di staccionate, panchine e cestini dei rifiuti (come in un parco urbano!) rappresentino una violazione all’aspetto rurale e selvaggio di certi luoghi. La sicurezza, è stato sottolineato, non dev’essere un’ossessione; gli americani parlano di “diritto al rischio” e rendere ad esempio “turistico” un sentiero per escursionisti esperti significa eliminarne il fascino e il senso dell’avventura che promana dai luoghi selvaggi.
Interessante è anche il concetto espresso da Gogna a proposito del valore di un paesaggio naturale conservato: se come metro adottiamo la bellezza e la conservazione e non l’altitudine o la difficoltà di una montagna, il K2 non è “superiore” al Pollino; entrambi cioè, sono montagne che hanno un valore wilderness, valore che appartiene in generale a tutti gli ambienti naturali non ancora deturpati dalla civiltà urbana e industriale. Proprio a proposito di Pollino, in mattinata la storica guida del Pollino Giorgio Braschi e una rappresentanza del Gruppo Lupi, ha accompagnato Alessandro Gogna e i suoi familiari alla scoperta del “Giardino degli Dei”, godendo dello spettacolo di ultrasecolari pini loricati e apprezzando l’integrità naturale e paesaggistica che, nonostante tutti i problemi, è ancora un valore indiscusso del Parco Nazionale del Pollino. Gogna lo ha espresso bene durante la sua conferenza. All’imbocco del sentiero noi ci vergognavamo dei resti dei bisogni lasciati da qualche pellegrino durante la festa: in confronto ha detto Gogna, questo è niente con la deturpazione di certe aree delle Alpi (come appunto le fogne a cielo aperto lungo quelle che erano vie alpinistiche, o le discariche nei canaloni di certi rifugi). Nell’immaginario collettivo spesso si pensa alle Alpi come alla perfezione, in termini di tutela ambientale e di turismo sostenibile… nulla di più falso. Come emergeva dalla relazione di Gogna, sono una realtà a macchia d’olio, dove abbiamo esempi virtuosi di armonia tra le comunità locali e la montagna e contemporaneamente esempi di una montagna urbanizzata e ridotta ad industria del turismo, senza nessun rispetto né per il suo valore wilderness, né per le tradizioni e la cultura rurale. L’ipotesi di Gogna è che ci siano popolazioni che abbiano una sensibilità maggiore per le loro montagne e altre che l’abbiano sfruttata solo per meri interessi economici. E’ di sicuro una questione interessante dal punto di vista sociologico e che meriterebbe di essere approfondita. Tutelare l’integrità della montagna non può che essere primariamente un compito delle comunità locali delle valli montani. Contro l’idea di una conservazione calata dall’alto, ne dobbiamo proporre un’altra, secondo cui le avanguardie della tutela e della promozione sostenibile del territorio risiedono tra le popolazioni montane, avanguardie “figlie” magari di contadini, pastori e cacciatori che la montagna l’hanno sempre vissuta. Si può fare economia e promozione turistica in montagna senza deturparla. “Montagne vissute” appunto, non “usate”. E’ una prospettiva di conservazione sicuramente anche più complessa e impegnativa, ma è l’unica che forse potrà creare un’armonia tra la natura selvaggia e i diritti delle comunità locali delle valli montane, delle Alpi come degli Appennini… E’ la prospettiva questa anche del Gruppo Lupi di San Severino Lucano, che nel corso della conferenza ha avuto modo di conferire la carica di socio onorario ad Alessandro Gogna “per la sua idea di un alpinismo etico e rispettoso dei luoghi; per il suo impegno nella tutela dell’integrità naturale della montagna e della ruralità delle sue valli”.
Saverio De Marco
Presidente Gruppo Lupi San Severino Lucano
Delegato Regionale Associazione Italiana Wilderness
Guida Ambientale Escursionistica (AIGAE)