Oggi molti misfatti congiurano contro la persona che è sacra e inviolabile.
Siamo ancora sconvolti per l’omicidio-suicidio verificatosi recentemente a Potenza, molto simile a quello avvenuto in un comune del potentino nell’agosto 2014, in cui un pensionato con colpi di fucile soppresse la moglie e due figli, poi il suicidio.
E ora S. Severino Lucano e Melfi sono in lutto per donne uccise, vittime di follia omicida. C’è da riflettere su questi crimini, non meno sugli abusi ai danni dei minori, sulle aggressioni che si perpetrano tra le pareti domestiche, sugli stupri e quant’altro.
Ci chiediamo: dov’è la Basilicata “isola felice”? Siamo molto sconvolti. Ma al di la’ di quella che è una pura reazione emotiva, il nostro sdegno, il nostro sgomento richiedono di tradursi in un impegno personale concreto, in un atto di coscienza che ci permetta di scoprire se per caso non abbiamo anche noi una parte di colpa in quanto succede.
Se è vero che alla radice di tutto questo ci sono le ingiustizie e le violenze di una società fortemente aggressiva e competitiva, che conosce solo la legge del successo e del benessere personale, anche noi ne siamo responsabili nella misura in cui, facendo parte di questo tipo di società, non sappiamo operare concretamente per renderla migliore, impegnandoci a dire no alle ingiustizie sociali, alle speculazioni indebite, al prevalere dell’egoismo personale – sulla grande legge cristiana dell’amore.
A questo punto affermiamo che non si deve, non si può perdere il senso di quella conquista che è il valore massimo della “persona”. Purtroppo si assiste ad una vera catastrofe antropologica: un disfacimento della persona, una decomposizione della società. Urge ritornare all’integralità dell’antropologia cristiana.
La persona integrale con le sue multiple possibilità, indigenze e relazionalità (espansione, bisogni, fraternità), sta al centro della concezione sociale cattolica.
La persona umana ha un destino proprio: un universo spirituale per sé stante, ipercosmico, per quanto colloquente e convivente con altri universi spirituali e autonomi (Dio e gli uomini).
La vita sociale deve permettere all’uomo la realizzazione del suo destino personale (personalismo). Dall’altra parte questo destino non si compie se non espandendosi e arricchendosi nella vita sociale. L’uomo deve dunque, rispettando la sua struttura e teleologia, connettersi con gli altri per la realizzazione del bene comune, cioè di tutti gli altri uomini.
Ed ecco le situazioni umane primarie, che vanno riconciliate a verità e speranze e da salvaguardare: la dignità della persona umana, spesso offesa, dissociata, nelle culture dominanti e manipolata, la promozione integrale dell’uomo, i giovani, la famiglia, la scuola, il lavoro, l’ambiente, la salute, la sicurezza e altri valori umani da tutelare, nell’esorbitante odierna egemonia della politica.
E’ l’uomo dunque, ma l’uomo integrale, nell’unità di corpo e di anima, di cuore e di coscienza, di intelletto e di volontà che deve diventare il punto focale della pastorale, non escluso l’interessamento da parte delle stesse istituzioni civili.
Riflettori puntati ora sulla politica. Il fine più nobile della politica è di creare e favorire le condizioni per lo sviluppo integrale dell’uomo e di edificare una <<città>> degna dell’uomo. L’uomo è il cardine, il centro ed il fine della vita politica e sociale. Poiché è in causa l’uomo, qui si pone il problema essenziale dell’antropologia. Chi è l’uomo? Qual è la sua dignità e il suo fine? Noi siamo oggi in presenza di antropologie diverse e contrapposte: l’individualista, la collettivista, la radical-istintivista e quella personalista.
La Costituzione italiana aveva recepito e proposto una elevata concezione personalista, da cui deriva logicamente un forte senso <<comunitario>> della vita cittadina. L’evoluzione successiva ha condotto sì allo sviluppo dello Stato sociale, ma è pure degenerata nel senso di una antropologia individualista e radical-istivista, che stravolge anche il senso dell’autentica libertà.
E’ fondamentale e urgente promuovere un nuovo umanesimo, che non sarà tale se non sarà plenario, tale cioè da superare le attuali concezioni riduttive, riconoscendo e promuovendo la persona umana nella sua completezza e nella sua trascendente dignità quale fondamento, centro e fine della politica.
L’autentico sviluppo va riferito, anzitutto ed essenzialmente, alla promozione della persona umana nell’integralità del suo essere, dei suoi valori e dei suoi fini. Ora c’è il problema della qualità della vita.
La cultura dominante, diffusa e rafforzata dei mass-media, interpreta la qualità della vita prevalentemente o esclusivamente in termini di efficienza economica. Credo che oggi nessuno possa affermare con Nietzsche, che l’uomo è corpo e soltanto corpo, ma è vero che l’uomo oltre alla dimensione corporea ha anche una dimensione spirituale.
Purtroppo l’eclissi del senso di Dio e dell’uomo conduce inevitabilmente al materialismo pratico, nel quale proliferano individualismo, l’utilitarismo e l’edonismo: l’unico fine che conta è il perseguimento del proprio benessere materiale.
Ribadiamo ancora una volta, che l’uomo, cioè tutto l’uomo nella sua struttura corporale-spirituale secondo la antropologia biblica, è creato a immagine di Dio, come partner di Dio nel dominio sul mondo.
Ma una concezione ed una prassi materialistica, laicista dell’esistenza bloccano il soggetto umano a livello di natura, imprigionandolo in orizzonti limitati e terreno-mortali.
Così pure l’edonismo è liberazione di istinti della natura, ma disconosce i valori propri della persona, come l’amore vero e la comunione inter-personale. Questi atteggiamenti oggi diffusi producono la crisi del senso della vita e nascondono un larvato nichilismo.
Gli esiti negativi di questa cultura come la droga e il permissivismo dei costumi devono far meditare sulla necessità di ricostruire una antropologia che riconosca e promuova l’integrale dimensione della persona umana, il suo primato. Ancora una volta quindi si evidenzia che la società d’oggi ha bisogno, per uscire dall’attuale crisi spirituale , di una ridefinizione della gerarchia dei fini e dei valori sulla base di una rinnovata antropologia culturale.
In conclusione urge massima attenzione alla vita concreta della persona. C’è bisogno indubbiamente di ispirarci ai grandi valori della fraternità, della giustizia sociale, della pace, della mondialità, della solidarietà ecc.; ma questi valori sono inaffidabili e incomprensibili per la gente comune, per i poveri, se non si concretizzano in precise opportunità quotidiane: avere un lavoro, poter accedere ad una casa almeno in affitto, partecipare a concorsi al riparo di imbrogli, venir curati quando ci si ammala.
La povertà ruba la speranza e i diritti, frammenta le coesione sociale, svuota la partecipazione alla vita delle istituzioni, rafforza mafie, corruzione e indebolisce la democrazia.
Vogliamo riconoscere tutti che il vangelo della carità comporta una visione della persona e dei principi etici della vita, iniziative e impegni coerenti e concreti per lo sviluppo e per l’ordinamento veramente umano della società.