Venti anni fa il 1° gennaio 1991 al mattino, durante la messa per la pace il Papa Giovanni Paolo II disse: ” Proclamo il 1991 anno della dottrina sociale della Chiesa e invito, nel contesto della commemorazione centenaria della grande enciclica di Papa Leone XIII Rerum Novarum, a meglio conoscere, approfondire l’insegnamento della Chiesa in materia sociale”. La <<Rerum Novarum>> emanata da Leone XIII il 15 maggio 1891, sulla questione operaia, preceduta e preparata da cinquant’anni di dibattiti sulla questione sociale, rappresenta l’inizio del grande insegnamento sociale ufficiale della Chiesa. Dopo quell’enciclica la dottrina della Chiesa si arricchisce di numerosi altri documenti, fra cui la “Centesimus Annus”, emanata il 1/5/1991, all’indomani del viaggio apostolico di Giovanni Paolo II in Basilicata. Era venuto da noi il Vicario di Cristo per trasmettere speranza ai lavoratori, per infondere ai politici lungimiranza, tenacia, serietà, prontezza nelle decisioni, equilibrio e forza ai sindacati, speranza ai giovani, perchè tutti insieme, si sappia operare per lo sviluppo, nella giustizia e nella pace sociale.
L’idea fondamentale di Leone XIII è che la questione politica è una questione innanzitutto antropologica; è, cioè, fondamentalmente l’espressione di una concezione dell’uomo. Leone XIII indica un approccio originale al problema della società industriale, un approccio non ideologico, ma personale: la rivalutazione della persona come dotata di libertà e di responsabilità. La politica dipende da una visione globale dell’uomo, la carità è da intendersi come concezione globale della vita.
Occorre che il nostro Sud recuperi il senso sociale dell’esistenza. E’ la coscienza collettiva della nostra società che deve essere animata dall’ethos della solidarietà evangelica. La storia ha mostrato il fallimento di ogni forma di egoismo borghese o collettivo che sia. La politica del Principe intesa nel senso di N. Machiavelli o nel senso di A. Gramsci, non risolve nulla. I problemi del mondo, dell’Europa, dell’Italia, del Sud come insegna l’Enciclica “Centesimus Annus” – non si risolvono con una logica puramente economica. La vita sociale ha bisogno di un’anima. Dare quest’anima è compito specifico della Chiesa chiamata a inserire nella vita sociale il fermento evangelico. I punti centrali della Centesimus Annus sono: il collegamento con la “Rerum Novarum” e con i tempi, l’iniziativa privata e il mercato libero, la centralità dell’uomo, il lavoro come crescita dell’uomo e della società.
In modo particolare la Chiesa si è sempre rifiutata ed ancora oggi si rifiuta di fare del mercato il supremo regolatore e quasi il modello, o la sintesi della vita sociale. Esiste qualcosa che è dovuto all’uomo perchè è uomo, a causa della sua dignità e somiglianza con Dio, indipendentemente dalla sua presenza o meno sul mercato, da ciò che possiede e, quindi, può vendere e ai mezzi d’acquisto di cui dispone. Questo qualcosa non deve esser mai disatteso, ma esige piuttosto rispetto e solidarietà, espressione sociale dell’amore che è l’unico atteggiamento adeguato davanti alla persona. Esistono bisogni umani che non trovano accesso al mercato, a causa di impedimenti. Anche il lavoro, per la sua intrinseca struttura, valorizza insieme l’autonomia della persona e la necessità di collegarsi col lavoro degli altri. L’uomo lavora insieme con gli altri, mediante il lavoro entra con loro in relazione: relazione che può essere di opposizioni, di concorrenza o di oppressione, ma anche di cooperazione e di appartenenza ad una comunità solidale.
In base ai principi sociali, avanguardistici e moderni del Papa sono da condannare il clientelismo, l’assistenzialismo, il paternalismo, l’individualismo, l’egoismo, l’affarismo…una fungaia di ismi interminabile; bando all’usura, al legalismo farisaico ed ad altri germi velenosi, alla partitocrazia, al centralismo burocratico, alle estorsioni, alle strutture di peccato. La Basilicata sarà sempre una regione virtuosa? Dipende da ciascuno di noi.
Una nuova coscienza collettiva, che recupera il senso sociale dell’esistenza, è il punto di riferimento morale per la rinascita del nostro popolo. Spazi per una <<ministerialità>> di liberazione, di promozione umana, di servizio sono, anzitutto, le parrocchie della Basilicata. Bisogna che nasca una parrocchia comunità missionaria di credenti, che si ponga come soggetto sociale nel proprio territorio.
Nell’impatto, che non potrà essere eluso, con l’ambito politico, il compito specifico dei pastori e pertanto del prete, consiste in una coraggiosa azione critica, profetica, pedagogica, che denunzi con franchezza quanto ferisce la dignità dell’uomo e annunzi senza reticenze il Vangelo dell’universale libertà dei figli di Dio, educando le coscienze a farne il criterio di fondo delle scelte e dei comportamenti, anche e, direi, soprattutto nel settore specifico dell’economia e della politica.
L’economia lucana arranca, i consumi ristagnano, la povertà aumenta, e con essa si divarica la forbice tra benestanti e indigenti.
L’unità d’Italia è anche la storia di un’integrazione economica problematica in cui, una parte del Paese ha sofferto più dell’altra e continua ad essere afflitta da mali, solo apparentemente incurabili. La nostra epopea nazionale ci regala delle indicazioni preziose su come procedere nel processo di integrazione europea. Ci segnala che è necessario sostenere le regioni più deboli, irrobustendo le loro strutture economiche, in modo che queste risultino competitive nel medio periodo.
Sull’esempio del Beato don Domenico Lentini, di don Giuseppe De Luca, di Mons. Vincenzo D’Elia, del servo di Dio Mons. Augusto Bertazzoni, del servo di Dio Mons. Raffaello Delle Nocche occorre aprirsi a un nuovo respiro storico, curando un servizio di tipo formativo affinchè ci siano persone intraprendenti, attente non solo alla religione, ma all’individuo e all’importanza del lavoro come espressione della persona. Si impone la necessità di una nuova evangelizzazione sociale. Il cattolicesimo invera un umanesimo teandrico gerarchico integrale = Dio e l’uomo gerarchizzati, collaboranti.
Don Camillo Perrone, Parroco emerito di San Severino Lucano.