L’ideologia del “volemose bene” spesso nelle società è stata la scusa per mascherare l’immobilismo sociale con un’ astratta unione di popolo. Anche nelle piccole realtà comunitarie non è mai esistito e mai esisterà un’idilliaca unione di intenti, un’unità organica, per così dire, dove tutto il corpo sociale è compatto e solidale nelle mete da raggiungere . Del resto, il sogno delle comunità organiche è stato sempre la fissazione dei regimi autoritari e totalitari, dove le differenze di opinione vengono sacrificate sull’altare del potere costituito. Per sua natura, una moderna società democratica si fonda sulla contrapposizione di punti di vista e interessi e la conflittualità sociale svolge una funzione progressiva. Il conflitto, in un’accezione positiva, genera infatti analisi critiche, mette in discussione lo status quo e le vecchie certezze, crea movimenti e reti di solidarietà sociale; è la molla del cambiamento che ha consentito di superare la fissità di certi modelli culturali. In sociologia abbiamo diverse teorie sul conflitto; quelle di stampo funzionalista assegnano alla conflittualità sociale una valenza patologica: come in un organismo malato, il conflitto sarebbe una malattia che il sistema sociale tenderebbe a sanare per ristabilire l’ordine e conservare così la stabilità del sistema. Le teorie conflittualiste invece si soffermano anche sui fattori positivi innescati dalle dinamiche oppositive: ovvero l’impulso al mutamento sociale, alla modernizzazione, alla soluzione dei problemi, all’evoluzione sociale, “la posizione e la soluzione di problemi sociali di vario genere, rimasti a lungo in una fase di stagnazione, col rischio di corruzione e disgregazione del sistema sociale” (L. Gallino cit.) , lo stimolo a formulare nuove norme e nuove idee. La democrazia è del resto dialettica degli opposti, è confronto tra posizioni diverse, è anche critica radicale verso l’esistente e tentativo di superarlo con la delineazione di nuove prospettive. Questi possono sembrare discorsi astratti che non riguardano una piccola comunità; è vero l’esatto contrario. Una comunità che si abitua al solito andazzo senza vedere altri orizzonti è destinata all’immobilismo e alla stagnazione. Il libero pensiero, la ricerca di alternative, l’analisi critica sono le molle del cambiamento, sono prerogative irrinunciabili per una comunità che voglia accettare le sfide della modernità. Per queste ragioni mal tollero i discorsi buonisti, le menate sulla collaborazione a tutti i costi e l’unione di popolo. Proprio perché dietro queste belle parole spesso si cela la solita logica di perpetuazione di posizioni consolidate di potere: dietro l’immagine di una comunità organica, unita e solidale si nascondono interessi contrapposti, divisioni e situazioni di dominio di alcuni gruppi, personalità o classi sociali su altri. Tutto ciò per citare Marx è “ideologia”, la falsa coscienza di chi spaccia interessi particolaristici (personali, di classe o di casta) per interessi generali…
Saverio De Marco